Le origini

Le origini della città sono confuse, sebbene se ne presuma un'origine molto antica, quasi sicuramente di epoca romana: la centuriazione delle campagne infatti interessò, in tutta la Lomellina, la sola zona di Vigevano, implicando quasi sicuramente che nell'attuale territorio comunale esistesse già un agglomerato urbano di una certa importanza. Per alcuni storici si tratta di Viginti Columnae, leggendario villaggio nei pressi dell'attuale Buccella; per altri è Viginti Milia (in riferimento alla distanza, in miglia, da Milano), addirittura emporio fortificato e importante centro commerciale [8]. Il primo documento che menziona senza ombra di dubbio l'abitato, però, con il nome longobardo di "Vicogeboin" o "Vicus Gebuin", risale solo al 963. L'abitato sorse in una posizione strategica ai margini della valle del Ticino, nei pressi di un importante guado sul fiume.

Nel corso del XII secolo il borgo incastellato venne fortificato lungo uno dei lati rivolti alla pianura e conquistò ampie autonomie amministrative, ma a causa della sua posizione, pressappoco a egual distanza da Pavia e Milano, fu spesso al centro dei frequenti conflitti tra le due città per il possesso della Lomellina, subendo guerre, assedi e distruzioni per oltre 150 anni. È in questo periodo, nel 1227, che come libero comune aderisce alla seconda Lega Lombarda[9]

In seguito, con l'avvento delle signorie, le condizioni migliorarono; tra il XIV ed il XV secolo il borgo divenne feudo dapprima dei Della Torre, poi dei Visconti e infine, tra il 1450 e 1535, degli Sforza.

I Visconti e gli Sforza

Piazza Ducale e il Duomo

Durante il periodo visconteo-sforzesco Vigevano raggiunse il suo periodo di massimo splendore, divenendo residenza ducale e centro commerciale di notevole importanza per la lavorazione dei panni di lana e di lino.

Nel XIV, il borgo migliorò le sue condizioni, soprattutto per gli importanti mutamenti urbanistici introdotti dai Visconti che culminarono nella costruzione dei "terraggi"(per agevolare il lavoro all'esterno), della "rocca"(per proteggere il borgo) e nel potenziamento del castello (con l'erezione delle mura). Durante il governo di Luchino Visconti venne costruita la possente "Strada Coperta" (1347) che collegava il Castello alla Rocca scavalcando le case del borgo.

L'ultimo dei Visconti, Filippo Maria, morì nel 1447 senza lasciare eredi, a Milano si proclamò l'Aurea Repubblica Ambrosiana a cui Vigevano aderì. Quando Francesco Sforza tentò di impossessarsi del potere, Vigevano si ribellò e nell'aprile del 1449 espulse il podestà ed il comandante del presidio e si proclamò libero comune, alleandosi con Milano. Le truppe sforzesche posero l'assedio alla città per circa 20 giorni portando numerosi assalti contro i vigevanesi chiusi dentro il castello. Ma l'impegno di tutto il popolo, guidato dall'eroina Camilla Rodolfi, non bastò; il 6 giugno la città si arrese, riuscendo però ad ottenere una serie di privilegi. In seguito Francesco Sforza scelse il castello di Vigevano come dimora estiva e riserva di caccia della sua corte.

Dopo la morte di Galeazzo Maria Sforza, ricordato a Vigevano per aver realizzato alcune scuderie nel castello e allevamenti di cani da caccia, gli succedette il giovane figlio Gian Galeazzo Maria. Fu allora che Ludovico il Moro, fratello di Galeazzo, tentò di impadronirsi del potere assumendo la reggenza nel 1480 e divenendo poi duca di Milano nel 1494.

Nativo di Vigevano, il Moro si occupò di abbellire la propria città avviando dapprima la bonifica del territorio, migliorando il sistema di irrigazione a beneficio dell'agricoltura e costruendo la grande fattoria modello denominata "Sforzesca", a sud della città. In seguito fece ampliare il castello costruendo nuove scuderie e nuovi edifici quali la "Loggia delle Dame", la "Falconiera" e la Torre, ad opera di Donato Bramante; contemporaneamente avviò la costruzione della grandiosa piazza Ducale, terminata nel 1494.

 

Cenni storici[modifica | modifica wikitesto]

Il Maschio

La storia del castello collima per alcuni secoli con quella del borgo di Vigevano, chiamato anticamente "Vicogebuin". Fino alla metà del Quattrocento infatti l'area del promontorio, racchiusa dagli edifici che compongono l'attuale castello, era il sito dove sorgevano le case dell'antico borgo con il primo palazzo comunale e le primitive chiese. Il borgo circondato in origine da un rudimentale impianto di difesa in terra e legno, sostituito poi da una muraglia, aveva sul lato est un castello o recetto di forma quadrata, costituito inizialmente da una struttura in legno, sostituita prima del X secolo da muri in mattoni e separato dall'abitato da un fossato. Tale struttura, corrispondente all'attuale maschio, all'inizio svolse le funzioni di ricovero di foraggi e animali e di estrema difesa in caso di pericolo, ma con il passare del tempo e con i continui aggiustamenti e trasformazioni divenne, tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, sede e dimora signorile dei Visconti, i quali cominciarono a prendere possesso anche delle case dell'antico borgo, iniziandone la demolizione. Svuotamento e demolizione proseguiti e conclusi dagli Sforza nella seconda metà del XV secolo, quando il maschio, ulteriormente ampliato e abbellito, diventa un palazzo ducale circondato da scuderie ed edifici di servizio.

La "Strada coperta"

Luchino Visconti, podestà di Vigevano nel 1319 e nel 1337, inserisce il villaggio nel suo piano di dominio territoriale, decidendo di farne una roccaforte difensiva inserita nello scacchiere territoriale dei castelli posti lungo l'Adda e il Ticino a difesa del ducato di Milano. In quest'ottica, nel 1341, realizza una rocca di difesa (in origine detta inferiore, prende l'attuale nome di rocca vecchia in contrapposizione alla rocca nuova edificata alla fine del XV sec.), posta ad una certa distanza dal castello, sul limite est del borgo che si stava ormai allargando fuori dal perimetro originale. Nel contempo inizia l'opera di trasformazione del vecchio castello in nuovo fortilizio sede e dimora ducale, edificio che nella nuova conformazione si presenta con pianta quadrangolare formata da muri merlati con tre corpi di fabbrica, torri agli angoli e una torre d'ingresso al centro della cortina anteriore. I lavori di ampliamento ed abbellimento del maschio proseguono per tutto il dominio visconteo. Nel 1347 i due fortilizi vengono uniti dalla cosiddetta "strada coperta", un grande edificio fortificato lungo 164 metri e largo 7,50 che, stagliandosi nel panorama cittadino, permetteva un rapido collegamento tra il castello e le campagne circostanti.

Nel 1447, alla fine del dominio visconteo, la stessa popolazione di Vigevano, conquista la libertà comunale e distrugge la rocca esterna. Libertà che finisce già nel 1449, quando Vigevano viene cinta d'assedio da Bartolomeo Colleoni e Francesco I Sforza, marito di Bianca Maria figlia di Filippo Maria Visconti, e nuovo signore di Milano. Dopo la conquista lo Sforza ripara i danni dell'assedio e raddoppia la parte centrale del maschio verso l'esterno inglobando i resti della torre di sud-est distrutta proprio durante l'assedio.

Un'immagine del complesso del castello

Galeazzo Maria Sforza nel 1466, appena succeduto al padre Francesco, ordina nuovi interventi che trasformano definitivamente il maschio in palazzo ducale e, prendendo atto della cessata funzione difensiva delle mura dell'antico borgo, concede la costruzione di case nel fossato esterno, di altezza non superiore al muro. Nel 1472 il nuovo Duca interviene su due antichi edifici, posti lungo la muratura sud dell'antico borgo e utilizzati a stalla, sopralzandoli e modificandone il piano terra con l'inserimento di un doppio colonnato con volte a crociera e nuove finestre. Nel 1475 realizza il ponte con loggiato, posto a sud del maschio, mentre poco prima della morte dà l'inizio alla costruzione dell'edificio della falconiera, completato poi da Ludovico il Moro, reggente il ducato a nome del nipote Gian Galeazzo Maria Sforza.

Con Ludovico il Moro, nato proprio a Vigevano, il progetto sforzesco si attua in interventi di proporzioni e qualità rilevanti, completando il processo di trasformazione del castello in residenza dinastica. Il cortile, occupato in origine dall'antico borgo, viene svuotato dalle residue costruzioni, si costruiscono la terza scuderia, detta per questo di Ludovico, e l'edificio delle cucine, realizzato con la demolizione dell'antica chiesa di S. Ambrogio e collegato al maschio da un edificio a ponte, chiudendo così il circuito di edifici a contorno dell'ampio cortile. Il maschio viene ampliato sul lato est con la realizzazione di un giardino pensile racchiuso da due edifici porticati progettati dal Bramante e aperto verso est. Del complesso bramantesco rimane oggi, dopo il crollo del loggiato addossato alla strada coperta e lo svuotamento del giardino con l'abbassamento al livello attuale, solo l'edificio sud chiamato “loggia delle dame”. Ad opera del Bramante si deve anche parte della decorazione pittorica che abbelliva il complesso di edifici prospiciente il cortile, di cui oggi rimangono tracce sulle pareti della scuderia di Ludovico, e il sopralzo dell'antica torre comunale, che verso il 1476 era già stata rialzata con nuovi merli e beccatelli per ospitare le campane della demolita chiesa di S. Maria, realizzato in tre parti di cui la seconda con una cella campanaria e la terza con un corpo ottagonale coperto da una guglia. I fasti del dominio sforzesco terminano con Francesco II Sforza il quale completa le decorazioni pittoriche del palazzo ducale.

Veduta aerea del centro di Vigevano; si notano: la Piazza Ducale, il Castello, la Torre del Bramante, il Duomo, la chiesa di S. Maria del Popolo e la ex chiesa di S. Dionigi (ora auditorium)
la Cavallerizza del Castello Sforzesco in Vigevano

Dalla prima metà dell'Ottocento si compiono le modifiche più consistenti. Prima del 1824 avviene l'interramento del lato ovest del fossato e la demolizione della cortina muraria del maschio con il rivellino, mentre nel 1824 viene chiusa e soppressa la porta che apriva verso la chiesa di S. Pietro Martire. Nel 1855, a seguito di un crollo di parte del corpo centrale del maschio e dell'antico scalone posto a ridosso della manica sinistra (che non fu più ricostruito), viene riedificata, ad opera dell'ing. Inverardi, la parte crollata con la modifica della parte verso la corte che ha comportato il rifacimento della facciata in stile Tudor, lo spostamento dell'accesso ai piani cantinati da destra a sinistra e la realizzazione di un nuovo scalone posto all'interno; lo stesso ingegnere progetta in stile neogotico l'ingresso da corso della Repubblica con un atrio che ingloba una campata della scuderia est. Nella seconda metà del secolo si completa l'interramento del fossato e si attua lo sterramento del giardino pensile, oggi chiamato cortile della duchessa con la ricostruzione del corpo a ridosso della strada coperta, ricostruzione che ha determinato la scomparsa della cappella ducale di epoca sforzesca e il trasferimento di nove affreschi (di cui otto attribuiti a Bernardo Ferrari) nel Municipio.

Altri interventi vengono compiuti per adattare il complesso alle nuove funzioni militari dotandolo di nuove strutture. Nel 1836 nella parte sud della rocca vecchia viene realizzato un grande edificio ad uso maneggio coperto oggi chiamato “cavallerizza”, una seconda cavallerizza (demolita a seguito di un crollo verificatosi nel 1979) di dimensioni minori venne costruita nella parte nord della rocca alla fine dell'Ottocento. Nel corso della seconda metà del secolo i locali del “prestino” (antico forno comunale situato ad est della torre e acquistato dall'amministrazione militare nel 1837) e quelli delle cucine ducali vengono ristrutturati, sopralzati di un piano e adibiti a circolo ufficiali; vengono interrate le parti rimaste del fossato; totalmente trasformato in portico terrazzato il ponte verso le ex cucine, mentre quello verso la falconiera viene rimaneggiato con la realizzazione di tre arconi al posto della muratura; svuotato fino alla quota attuale il giardino pensile, già parzialmente sterrato all'inizio del secolo; ricostruito il corpo addossato alla strada coperta e rimaneggiati gli interni delle scuderie.

Nel 1980, dopo un decennio di abbandono a seguito del cessato uso da parte dei militari, iniziano i lavori di restauro e recupero del grande complesso di edifici chiamato castello.

L'industrializzazione

Nel 1854 viene inaugurata la linea ferroviaria Vigevano-Mortara e nel 1870 il prolungamento fino a Milano.

Nel 1866 sorse a Vigevano, città da sempre vocata alla manifattura, il primo calzaturificio italiano (Luigi Bocca); in circa 40 anni i laboratori diventarono 36 e quasi 10.000 le persone occupate nel settore (molte delle quali lavoranti a domicilio); nel 1937 si contavano 873 aziende con 13.000 dipendenti fino ad arrivare a 900 aziende con quasi 20.009 addetti nel 1965. Parallelamente all'industria calzaturiera si diffuse anche l'industria tessile per la lavorazione della seta e del cotone.

Nel secondo dopoguerra il settore tessile si ridimensionò fortemente mentre quello calzaturiero, dopo il boom degli anni cinquanta e sessanta, iniziò un drastico declino, compensato solo in parte dallo sviluppo dell'industria metalmeccanica finalizzata a produrre macchinari per la lavorazione delle calzature, che resiste nonostante la forte concorrenza dei paesi emergenti. Il settore calzaturiero è ancora presente e Vigevano rimane uno dei luoghi dedicati alle calzature nel Nord Italia, tuttavia in una forma molto minore rispetto al passato.

 

Economia

Vigevano è da secoli uno dei poli di riferimento per quanto riguarda la manifattura lombarda e italiana: fu Ludovico il Moro a introdurre nel capoluogo lomellino l'industria della seta[12], che accanto alla già consolidata tradizione laniera contribuirà ad assegnare una fisionomia ben definita a uno dei principali centri industriali dell'Italia settentrionale.

Il settore più importante dell'economia vigevanese è quello calzaturiero con produzione di scarpe, accessori, materiali e macchine per calzature. Già attiva all'inizio del XX secolo, la manifattura calzaturiera cominciò ad affermarsi durante la prima guerra mondiale, per raggiungere l'apice durante gli anni cinquanta, in contemporanea all'esportazione di decine di milioni di scarpe in Italia e all'estero che permisero a Vigevano di guadagnarsi il titolo di capitale della calzatura[13].

Nei decenni successivi, in particolare a partire dagli anni '70, con il progressivo spostamento della produzione verso i paesi in via di sviluppo e una forte concorrenza interna ebbe inizio una crisi sempre più profonda del settore. Nonostante ciò la città e i comuni limitrofi costituiscono ancora oggi uno dei riferimenti per l'industria calzaturiera italiana, grazie anche a una specializzazione nel meccano-calzaturiero che ha portato Vigevano ad essere leader mondiale nella produzione di macchinari per calzature. [14]

L'agricoltura è principalmente incentrata sulla produzione del riso, vista l'ampia diffusione delle risaie in Lomellina. È inoltre da segnalare che la vicina Cassolnovo è indicata come probabile sede della prima risaia italiana

La torre del Bramante

La Torre del Bramante

L'origine della Torre, situata nel punto più alto della città (45°19'01.53"N, 8°51'24.90"E), presso il castello, risale al 1198 e fu terminata dal Bramante alla fine del XV secolo, mentre nel XVII secolo venne aggiunto il cupolino barocco "a cipolla" in sostituzione dell'originaria guglia conica. La Torre ha una forma originale che, nell'800, fu il modello per la torre del Filarete nel Castello Sforzesco di Milano; è costituita da sezioni che si restringono avvicinandosi alla cima. DaI terrazzi è possibile ammirare un'ottima visuale della Piazza Ducale, del Castello e di tutta la città.

La cella campanaria, inaccessibile al pubblico, ospita "il campanone", una grande campana seicentesca "fessa" per necessità. Infatti nell'Ottocento non esistevano i moderni sistemi elettronici per controllare le campane, e l'orologio della Torre, all'epoca meccanico, batteva ogni mezz'ora anche di notte. Pare che il suono del "campanone" fosse così forte, che gli abitanti delle case addossate al Castello e alla Piazza fossero praticamente impossibilitati a prendere sonno. Così presentarono in Comune una petizione in cui si chiedeva di "zittire" il bronzeo disturbatore! Alla fine si raggiunse un compromesso: dalla campana, con precisione quasi chirurgica, venne asportato uno spicchio in modo da renderla fessa e attutire il suono. Ed è così che ancora oggi la si può ascoltare battere i rintocchi ogni quarto d'ora.

Alta ben 75 metri dal livello della piazza, la Torre del Bramante è l'attuale Torre Civica della città di Vigevano, di cui da sempre è il simbolo.

 

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